G2G di Raffaele Brattoli

G2G di Raffaele Brattoli

Il Grand to Grand è un ultratrail di 275 km con quasi 6000 mt di dislivello in autosufficenza, molte sono le nazionalità rappresentate.

Noi schierati ai bordi del mitico Canyon del National Park dove i grandi del cinema come Jonh Wayne, Burt Lancaster, Kirck Douglas girarono gran parte dei loro film Western, a partire dal 1932 con il primo film Ombre Rosse di John Ford, la Conquista del West, Sfida all’ Ok Coral e tanti altri.
Ma ora scendiamo da cavallo e mettiamo i piedi a terra, i nostri occhi sono rivolti ad una delle 7 meraviglie del mondo,  2 miliardi di anni di storia il fiume Colorado che scorre li da 5 milioni di anni, terre appartenute fino alla fine del 1900 ai gloriosi indiani Apache Navajo e Opi.
La gara si svolge su un percorso a tringolo tra il Nevada l’ Utah meridionale e l’Arizona settentrionale, tocchiamo anche la mitica Route 66 la strada più famosa d’ Amerca con i suoi 3941 km.

Le tappe sono 6: 50, 44, 85, 42, 42, 12 km, siamo nel grande Far West, nelle grandi praterie da qui la corsa prende il nome di Grand to Grand, gara che si svolge su un percorso che passa dagli sterposi e spinosi bush, alle grandi dune di sabbia rosa del Coral Pink, le Sund Dunes, tra le più alte al mondo, abbiamo attraversato foreste e scalato montagne, fatto del fuoripista in un vero Cross Country.
Ma torniamo indietro, il ritrovo è a Las Vegas presso il più grande Casinò del Mondo, città che assomiglia ad un Luna Park a cielo aperto con negozi sempre aperti che di notte luccicano in mille tonalità. Ci riuniamo nella hall dell’ albergo, c’è un grande fermento, chi chiacchera chi mangia, chi controlla il proprio materiale per la gara, nell’aria si respira molto nervosismo per la gara imminente.

Si parte per Kanabuna una delle città più remote d’ America, ceniamo in un locale tipico Western a  base di cibo locale, ovvero con carne e fagioli e tante patate, un briefing diretto da Mr Colin  e Mrs Tess, alle pareti si vedono foto di tanti attori, Kanab è infatti soprannominata la piccola “Hollyvood” per le tante serie televisive e film girati.
Raggiungiamo il camp 1 a bordo di grandi Jeep, davanti a noi vediamo il Gran Canyon e il Colorado River e’ il mattino del 22 Settembre, siamo pronti a partire con il nostro zaino di 9 kg in spalla e il fuso orario di 9 ore ancora da smaltire.

Mi avvio alla partenza con 39,5° di Febbre, ho la respirazione problematica a causa delle grosse placche in gola, mi sento molto debole e confesso di aver per qualche istanta pensato all’ abbandono ma parto e tra cactus dalle spine lunghissime e Single Track passano i primi 50 km, al campo c’è già chi scommette sul fatto che non supererò la seconda tappa.

Passata la gelida nottata siamo alla seconda tappa, 43 km tra Cactus e ancora spine, si parte salendo attraverso il Navajo Trail, poi il grande Staircase View Point dove la vista mozzafiato ci ripaga la fatica, purtroppo n questro tragitto una caduta e una contrattura al bicipide femorale mi hanno affaticano parecchio, ma per fortuna un’ atleta Americano ( il n: 100 ) mi ha prestato una benda elastica che mi contengono il dolore.

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All’ arrivo in tenda incominciano le “riparazioni” ai piedi, l’alluce destro sembra un mandarino con l’ unghia completamente sollevata da una vescica piena di sangue, finito la mia “riparazione” inizio con quella di Gianfranco, anche i suoi piedi sono messi mele, ma per fortuna arriva la cena ad allietarci un pò di polenta arricchita con olio e parmigiano e bresaola disidratata per apportare al mio corpo un po di calorie, mangiamo 2500 calorie el giorno ma ne consumiamo dalle 7000 alle 8000,  una tachipirina per abbassare la febbre  e dentro il sacco pelo fino alle 6 di mattina orario della sveglia, dato da una musica assordante.

Dopo una notte tormentata a causa del vento ulalante che scuoteva le tende da campo il sole sorge e sorride alla terza tappa di 85 km, mi tiro in piedi indebolito da questa maledetta infezione alle vie rispiratorie e decido di impostare la tappa con un ritmo blando per risparmiare energie, la tappa è dura subito si inzia a salire e scendere tra strette mulattiere nella foresta, grandi dune.

Decido di salire in cima ad una delle più alte gattonando per 10 minuti buoni per svalicarla e una volta in cima sfinito per lo sforzo spengo la mia lampada frontale e mi abbandono sulla morbida e fredda sabbia pensando che se devo morire vorrei farlo in un posto come questo,
mi risveglio dopo 15 min a causa del vento gelido e riprendo la corsa arrivando al campo dopo quasi 24 ore accolto dalle urla dei volontari pronti ad accogliermi al traguardo facendomi tormare il sorriso e la voglia di continuare, per fortuna ora mi aspettano 24 ore di riposo. molti sono i ritirati nella notte ma fortunatamente la tappa piu dura e passata e la consapevolezza di potercela fare prende sempre più consapevolezza in me .

4 tappa di 42 km come una maratona fatta mille volte, ma la difficoltà della sabbia su tutto il percorso mi dà l’impressione di averne fatti almeno il doppio, ma il piu è fatto e domani mi aspetta solo una ltra maratona, mi avvolgo nel sacco a pelo per affrontare un altra notte gelida e silenziosa.

Alle ore 6 il risveglio con la solita musica Americana, colazione con barrette e caffè, straticing e sistemazione dello zaino poi lungo serpertone si avvia.

Oggi per fortuna la febbre è calata  ma il fisico ancora reagisce poco, le energie perse e non recuperate fanno la differenza nella classica distanza, ma per me e diventata un altra sfida, quella di finire una delle gare piu difficili al mondo solo con la testa e contro il pronostico di tutti, quelli che iettavano contro, il solo Paolo mi e stato molto vicino, ricordo il primo giorno quando mi disse: Raffaele ora per una settimana sei tu la mia familglia e con gli occhi lucidi gli ho risposto non ti preoccupare ci aiuteremo e staremo vicini, la nostra amicizia ci porterà al traguardo.

Giunta la 6a e ultima tappa un grosso respiro di sollievo mi accompagna per questi ultimi 12  km che si svolgono su stretti sentieri sassosi a picco delle Pink Cliffs, parte del Brige Canyion National Parck.

All’ arrivo sotto la il finish line faccio sventolare la bandiera italiana con le braccia alzate in segno di vittoria, sono felice è stata una grande vittoria x me, arrivare al traguardo tra i coisiddetti amici……, quelli che mi di conoscono mi dicono che sono stato maldettamente sfortunato, febbre, caduta, contrattura. La mia risposta è che la mia e stata solo fortuna, quella della testardaggine che mi ha portato fino in in fondo e grazie a lei che ho assaportato dopo tanta amerezza la falicità allo stato puro, quella del finisher con l’abbraccio finale con gli amici che hanno condiviso questa avventura nello Utah dove lo spirito dei grandi capi Indiani cavalca ancora nelle grandi praterie e le Aquile volteggiano alte sopra i Canyon ti fanno sentire libero di volare.

Si riparte con il trolley carico di esperienza e di cultura e con un altra storia da raccontare e aspettando la prossima.

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