Maratona di Stoccolma 2012

Maratona di Stoccolma 2012

Rimango senza parole per descrivere questa incredibile avventura che ho avuto la fortuna di vivere così intensamente. Non serve che descriva la bellezza struggente di una città del Nord Europa che già da sola vale la pena di vedere. Non serve che descriva come questa città appaia piccola e grande allo stesso tempo, multietnica e vitale, con abitanti cordiali e gentili che ti fanno ricordare sensazioni ormai da noi dimenticate. L’educazione ed il rispetto della persona ti fanno sentire come noi siamo costretti  a vivere nelle nostre ansie quotidiane, imbruttiti e nervosi, preoccupati e circondati da una arroganza che la fa da padrona.

La maratona di Stoccolma raccoglie una serie di caratteristiche che la rendono speciale. Il percorso prevede 2 giri della città quasi uguali e una serie di saliscendi che la rendono mossa. Un ponte spettacolare da fare due volte ti ricorda che se ti sei allenato sulle salite, puoi fare la differenza. Ma cosa ha reso questa corsa indimenticabile? Il freddo, il vento e la pioggia scrosciante. Secondo i giornali erano 25 anni che non capitava una giornata così fredda! I numeri parlano chiaro 21000 iscritti e 15000 partenti. Molti sono rimasti a casa, ma chi come noi aveva puntato su questa corsa non poteva far altro che raccogliere la sfida. In questa avventura Rocco, Patrizia e Corinna hanno avuto la determinazione ed il coraggio di portare a termine questa corsa nonostante tutto facesse pensare che la cosa migliore fosse rimanere nel nostro confortevole albergo. Il nostro gruppo si era unito ad altri 20 italiani accompagnati da Massimo di Ovunque Running che ha fatto di tutto per confortarci e che ci ha atteso fino al termine della gara. Rivivo la partenza emozionante che come sempre ad ogni maratona si ripete, ma che questa volta mi fa pensare…l’hai fatta grossa! Come pensi di sconfiggere questo freddo e questo vento? Insomma ho corso anche a dieci gradi sottozero, in fondo questi sono due gradi sopra…ma con un vento tagliente ed una pioggia battente che mi ricorda subito che non ho il mio abbigliamento invernale che forse però oggi non mi sarebbe bastato. Intanto mi accorgo di aver già fatto i primi 5 km e penso che non posso fermarmi, morirei congelata, posso solo cercare di rimanere concentrata. A un certo punto mi accorgo che ho le mascelle doloranti da quanto stringo i denti che altrimenti batterebbero all’impazzata, ma poi mi rilasso, perché vedo tutto il pubblico che applaude ed incita tutti ed imparo subito una parola svedese Heija! Che credo significhi alè, dai, go, go, ed alla fine la grido insieme a loro in un delirio di incoraggiamento che mi porta a superare uno dei punti critici intorno al ventesimo chilometro (solo ventesimo!) percorso in un parco verdissimo senza piante ed in riva al mare nero ed increspato, sferzato da un vento che credo si potesse definire bora e da secchiate di acqua gelida che ti penetravano nelle ossa. Ormai in trance ripercorro il secondo giro preparandomi alla salita piu’ difficile dove avevo visto campeggiare il cartello dei 33 km. Faccio appena in tempo a vederlo divelto a terra per il vento, ma ormai so che non posso mollare. Non ho dolori, ho solo ginocchia ghiacciate ed una feroce determinazione ad arrivare. Le guance e le gambe colorate con la bandiera italiana e la consapevolezza che dopo una prova così nulla mi può spaventare. La crisi del 36mo chilometro mi rende ancor più cattiva e raccogliendo un briciolo di forza riesco ad arrivare al 42mo chilometro. Mi strappo il poncho di plastica che mi aveva protetto dall’inizio perché sto per entrare nello stadio e percorrere una pista d’atletica ricca di ricordi famosi. Voglio che sia chiaro a tutti che mi chiamo Nadia, sono italiana, sono del Running Saronno e sono orgogliosa di portare al traguardo questi colori in barba a questo tempo che ha fatto di tutto per rendermi la vita difficile. Avviso per le avversità che ancora arriveranno: ho superato questa sfida, non mollerò facilmente. Grazie ai miei compagni di viaggio (loro sì che hanno fatto grandi prestazioni)  che mi hanno rincuorato ed incoraggiato. E grazie anche a chi da casa mi ha dato un supporto prezioso. Senza tutto questo non ce l’avrei mai fatta. Mi rendo conto di quanto sono congelata pechè non riesco ad aprire la sacca degli indumenti puliti e che anche dopo un’ora devo avere una faccia da paura quando salgo sulla metropolitana che mi riporta in albergo perché un’adorabile vecchietta mi guarda e mormora qualcosa in svedese del tipo: Siediti qui tu ne hai piu’ bisogno di me! Poi però mi sono ripresa ed alla sera il nostro gruppo ha festeggiato alla grande insieme a tutti gli italiani che erano con noi: ce l’abbiamo fatta! Rimane a me un ricordo che sarà impossibile dimenticare, sono partita debole e sono ritornata fortissima. Adesso sì comincio a divertirmi!

 

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